I primi passi
Illustrazione di LV - Vietata la riproduzione
Condividere le proprie esperienze di dolore è un atto di amore verso se’ stessi e gli altri. Tutti noi abbiamo bisogno di sapere che non siamo soli. Questa è la mia.
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Tutto in un attimo
Ciò che accadde quel giorno di marzo di qualche anno fa è iniziato cosi. Anzi, non proprio, è iniziato un pò prima, ma spesso le cose non sono limpide e chiare come vorremmo fin dall’inizio. Per questo avevo quell’appuntamento nella mia agenda, per togliere ogni dubbio, chiarire la situazione e passare oltre. Di fatto cosi accadde, ma non accadde ciò che mi aspettavo, ovvero che fosse un controllo medico come tanti altri. Fu invece l’esperienza che mi ha cambiato la vita per sempre. Non so dirvi come, ma tornata a casa, tutto era diverso da come lo avevo lasciato ed ero ignara del fatto che in realtà tutto era perfettamente come lo avevo lasciato, ero io che non ero più quella che aveva lasciato casa un paio di ore prima per andare in ambulatorio. Ero io che incredula mi sentivo persa e sola.
Emozioni
La malattia che mi hanno diagnosticato è il Parkinson giovanile. E già a questa affermazione nascono mille domande, a maggior ragione quando ti riferiscono di esserne affetto.
Non appena ho ritrovato la lucidità per proferire parola, quel giorno in ambulatorio chiedo: “Dottore ma non è una malattia che colpisce le persone anziane?” Implicitamente stavo convincendo me stessa che questo specialista affermato, di un centro d’eccellenza si stava sbagliando, perché è cosi, tutti sbagliano.
Non si sbagliava: il Parkinson giovanile esiste e sono moltissime le persone che ne sono affette, io sono una di queste e nonostante lo stia scrivendo, credetemi, non ne sono ancora sicura. Non certo per un errore di diagnosi ma perché esiste un inevitabile e sano meccanismo che ci difende da tutto ciò che potrebbe traumatizzarci.
Nuvola nera
Capirete che quando ti comunicano qualcosa di simile iniziano le montagne russe, le emozioni prendono possesso delle tue facoltà e in quel momento sei già una persona nuova. Le emozioni sono tunnel esplosivi, non sappiamo dove ci portano, da qualche parte senza dubbio ci conducono, in viaggio dentro di noi ma quando sono troppe, confuse, controverse non siamo ancora in grado di capire nulla. Una nuvola nera. Mi trovavo li da qualche parte in un vortice che non mi apparteneva, in una realtà di parole, situazioni, prospettive con le quali mai avrei pensato di dovermi confrontare. E mi sentivo sempre persa e sola.
Parola d’ordine: vulnerabilità
Persa, sola, insicura, spaventata, arrabbiata, incredula, terrorizzata: cosi mi sono sentita e spesso mi sento anche a distanza di anni, perchè il nostro essere umani ci regala la vulnerabilità, la chiave, secondo la mia esperienza, per prendere contatto con una realtà di cui non ci sentiamo parte.
La prima cosa che credo di avere fatto (dico credo perchè non è un’azione precisa ma uno stato di cose che si è presenta con il tempo) è stato prendere contatto con il mio essere vulnerabile, anche questo è un punto di non ritorno, decisamente più consapevole di quello che ho precedentemente descritto. Essere vulnerabili non è un segno di debolezza, è segno di umanità, ogni essere vivente è vulnerabile. La società preferisce gli invincibili? Quando la vita ci invita a togliere la maschera eccoci di nuovo ad un punto di non ritorno.
Scegliere
Entrare in contatto con la propria vulnerabilità consente di uscire dal tunnel esplosivo di emozioni per accomodarsi invece in mezzo a loro, come in un campo di fiori, un territorio sicuramente a noi sconosciuto, dove però vi assicuro è possibile trovare tantissime risorse nascoste.
Questa è la nostra medicina: le nostre risorse interiori.
Cosi come cogliamo quel fiore che attira il nostro sguardo, che ha uno splendido profumo, che ha un certo “non so che” che lo rende irresistibile, allo stesso modo cogliere l’emozione che in quel momento ci guida è l’unica strada percorribile per fare uno, due, tre, quattro passi e poi ancora altri, al nostro ritmo fino ad approdare in terre sconosciute ma fertili dove c’è spazio per qualsiasi cosa si voglia fare, anche quando, in un giorno come tanti di un inizio di primavera ti dicono “ Signora, lei è affetta da Parkinson giovanile”.